giovedì 30 aprile 2009

Io stringo la mano alla mia città

Sono gli ultimi metri quelli che ormai ci separano dal traguardo. In queste settimane abbiamo corso insieme una lunga maratona, ormai si vede il nastro di arrivo. Sono state giornate dense di impegni, di incontri, di confronti che mi hanno dato modo di capire, se ancora ce n’era bisogno, quanto sia vivo e vitale il senso di appartenenza a questa città. Quello che vogliamo costruire è un progetto condiviso per una Trento solidale, rispettosa delle regole, aperta, ordinata. Una città di tutti, capace di garantire pari opportunità a prescindere dal reddito e dalla provenienza, una città in cui nessuno rimane indietro, dove nessuno resta solo. Ho potuto toccare con mano in queste settimane quanta voglia ci sia, ancora, di mettersi in gioco, quanta energia da spendere per realizzare questa idea condivisa di città. Non la mia, la nostra.
È proprio questa forte sensazione di condivisione, che nasce dal confronto con i cittadini, dal dialogo con la società civile che mi appare sinceramente un po’ tardivo e poco originale l’idea di chi si appresta a firmare un contratto per la città. Il contratto a mio modo di vedere è infatti qualcosa che regola i rapporti tra estranei, tra persone che proprio perché poco si conoscono hanno bisogno di mettere nero su bianco il loro patto. Non è il nostro caso. Al contratto io preferisco una sincera stretta di mano. Che conta di più di mille firme perché si basa sulla fiducia reciproca, quel legame forte e autentico che lega le persone, i cittadini alla propria città. La fiducia la si conquista con i fatti, non con le semplici dichiarazioni, con il rispetto reciproco, con la coerenza.
Sarà l’amministrazione dell’impegno concreto, in grado di guardare al futuro e gestire il quotidiano. Ci metteremo al lavoro da subito, con una lista di quattro priorità da realizzare nei primi cento giorni.

Per una città efficiente squadra d’intervento snella e operativa sul territorio per dare risposte rapide ai cittadini sui problemi spiccioli: il lampione che non va, la panchina rotta al parco, la buca da sistemare

Un pacchetto di misure contro la crisi economica: family card, mutui agevolati, cabina di regia guidata dal Comune con le associazioni di categoria e gli istituti di credito presenti sul territorio. Raddoppio del mercato contadino

Per migliorare la mobilità il metrò: studio di fattibilità per una linea leggera e automatizzata da Trento nord al nuovo ospedale

Per un’amministrazione vicina ai cittadini operazione ascolto: visite a tutti i quartieri per raccogliere suggerimenti, proposte e proteste. Incontri con tutte le categorie economiche per definire una lista di interventi prioritari in modo da aiutare le imprese, soprattutto quelle artigianali e commerciali

mercoledì 29 aprile 2009

L'appello al voto di Alberto Pacher

Pubblico sul mio blog l'appello al voto di Alberto Pacher.
Non è vero che tutti i politici sono uguali, che chiunque vinca tanto non cambia nulla, che a Trento si sta e starà bene comunque, qualunque sia il colore della giunta che governerà Palazzo Thun. Anche se le elezioni non sono il giorno del giudizio, credo sia giusto sottolineare le differenze tra lo schieramento che sostiene Alessandro Andreatta e i suoi principali sfidanti, per lo più appartenenti al centrodestra.
Tutti noi che ci riconosciamo nel centrosinistra autonomista siamo per una politica laica che, proprio perché laica, è in grado di dialogare con tutti, al di là delle appartenenze culturali e religiose. Noi siamo per una politica che non alimenta i conflitti, che non esaspera le differenze e non esclude, ma cerca piuttosto di allargare i confini della comunità. Noi siamo per la sicurezza, che è sì presidio del territorio, ma è anche prevenzione, ovvero dormitori per i senza fissa dimora, aiuti alle persone in difficoltà, progetti per fare in modo che le persone non scivolino nell’emarginazione o nella devianza. Noi siamo per l’uguaglianza delle opportunità, per la valorizzazione delle competenze, per le culture, che sono sempre plurali.
Anche il centrosinistra autonomista, pur essendo unitario e coeso, è plurale e porta in dote una serie di sensibilità che ben interpretano le variegate componenti della nostra città. L’attenzione al sociale, alla legalità, all’ambiente, all’identità trentina, alla laicità e ai valori cattolici sono tutti ugualmente rappresentati nella coalizione e ne costituiscono la forza e la ricchezza.
Per questo spero che siamo in tanti, domenica, a scegliere Alessandro Andreatta e il centrosinistra autonomista. A chiedere la continuità, a decidere che Trento deve continuare a crescere. A votare non per la paura, ma per quella cosa più difficile e faticosa che si chiama speranza.
Alberto Pacher

martedì 28 aprile 2009

La città che non c’è

Le campagne elettorali sono momenti importanti nella vita di una città. Perché, per forza di cose, alla vigilia delle elezioni il confronto fra idee e progetti diventa più serrato e appassionante. Anche questa volta il dibattito è stato a tratti interessante, però forse non quanto mi sarei aspettato alla vigilia. Più d’una volta mi è capitato infatti di dovermi confrontare con un’idea di città distorta o, più esattamente, con una “città che non c’è”. Una città-slogan, facile da farci un titolo di giornale, ma inconsistente quando la guardi da vicino e con attenzione.
Voglio fare solo qualche esempio. Prendiamo il “Buco Tosolini”. Pino Morandini s’è fatto immortalare lì davanti per denunciare “l’assurdo spreco di terreno in un’area centrale della città”. Si è dimenticato di dire purtroppo che, grazie a un accordo siglato definitivamente dalla commissione urbanistica nel 2006, in quell’area oggi si può costruire un palazzo da circa 30 mila metri cubi previa cessione al Comune di 2.700 metri quadrati da destinare a servizi pubblici. A dire il vero, in qualità di assessore all’urbanistica, avevo individuato questa soluzione già nel 2002. Sulle prime però Tosolini ha rifiutato l’accordo, salvo poi cambiare idea e accettare tre anni dopo. Insomma, il problema del buco Tosolini – una questione che si trascina addirittura dal 1981, quando io ero un giovane universitario – noi l’abbiamo risolto, mica creato…
C’è poi la questione degli sprechi, cavalcata così, in modo generico, senza mai fare una cifra. Anzi no, un numero è stato buttato lì un paio di volte, ma è stato altrettanto velocemente archiviato perché era del tutto fuori bersaglio. Mi riferisco al presunto gigantismo del Comune di Trento che avrebbe 500 dipendenti in più del Comune di Bolzano. Vero, sennonché si è trascurato di aggiungere che la gran parte dei servizi sociali – dall’assistenza sociale, ai nidi, agli anziani – del capoluogo altoatesino sono gestiti da un’azienda speciale pubblica, l’Azienda servizi sociali di Bolzano, appunto. Ecco allora spiegati i 500 dipendenti in meno... Lo stesso discorso vale per le consulenze – un diluvio, secondo qualche mio avversario – ridotte al minimo del 2008 (l’anno scorso ammontavano a 130 mila euro, 250 mila in meno rispetto all’anno precedente).
Passiamo alla collina. Qualsiasi persona non in malafede sa che l’espansione nei sobborghi collinari è stata decretata decenni fa, quando la fame di case era tanta e la tutela del territorio non era certo la prima preoccupazione. E’ il 1967 quando il Pup stabilisce che la città si doveva allargare in collina, è il 1968 quando il prg recepisce questa indicazione senza purtroppo prevedere una viabilità adeguata. Il nuovo prg del 1989 conferma questa tendenza creando zone di espansione a Villamontagna, Borino, Martignano, Gazzadina, Montevaccino… Peccato che qualche candidato ignori (o finga di ignorare) questa importante pagina della storia cittadina. Peccato che non si ricordi mai che, da assessore all’urbanistica, in collina ho tagliato 500 mila metri cubi, ho ridotto le altezze e ho stabilito la larghezza minima delle strade (3, 5 o 4,5 metri a seconda delle cubature).
Potrei continuare ancora, perché “la città che non c’è” è fatta anche di sobborghi trascurati (negli ultimi anni abbiamo costruito o rinnovato 7 piazze, 8 parchi, 16 scuole e 11 spazi di aggregazione…), di scarsa attenzione alle famiglie (cito solo i posti nei nidi, che nel 2012 saranno 1500, praticamente un primato in Italia), di tariffe e tributi a iosa (abbiamo la pressione fiscale più bassa d’Italia), di insicurezza (enfatizzata ad arte). A pensarci bene però questa “città che non c’è” a qualcosa serve: serve ad avere qualcosa e qualcuno con cui prendersela…

Nel numero di aprile di AnciRivista...

Di seguito il mio intervento pubblicato sul numero di aprile di AnciRivista, il mensile dell'Associazione Nazionale Comuni Italiani.


Visione aperta e nuova

Dopo la riforma istituzionale approvata dalla Provincia di Trento due anni e mezzo fa, credo sia arrivato il momento di cercare un nuovo modello di governo dell’area urbana. A Trento oggi vive circa un quarto della popolazione trentina. Chi ha fatto parte delle amministrazioni di questa città sa bene che la scala dei problemi che spesso ci si trova ad affrontare richiederebbe strumenti di cui purtroppo il Comune capoluogo non dispone. Attenzione, nessuno coltiva illusioni di autosufficienza, perché sarebbe antistorico. E’ piuttosto auspicabile che Trento possa assumersi presto, nell’interesse dei cittadini, una responsabilità differenziale più ampia. Se la Provincia vorrà proseguire nel percorso di decentramento e responsabilizzazione delle autonomie di base, come si evince dalla riforma istituzionale, ci sono tutte le premesse per aprire un tavolo di discussione per riflettere sull’opportunità di elaborare uno statuto originale e distinto per la città di Trento.
Credo che Trento, sia per la sua dimensione politica che per la sua oggettiva dimensione amministrativa, abbia in sé le caratteristiche necessarie a gestire autonomamente una più consistente parte delle competenze oggi in capo alla Provincia. Il modello a cui rifarsi potrebbe essere quello della Communauté Urbaine francese, istituita nel 1966 e ancora oggi strumento di governo delle aree urbane. Non serve che io mi soffermi troppo sulle ragioni che mi spingono a lanciare questa proposta: è piuttosto chiaro che una città ha problemi del tutto differenti rispetto a quelle dei comuni di piccola o media dimensione. Diversa è la dimensione dei problemi, diversa la scala, diversi gli impatti e gli interessi coinvolti: diversi, conseguentemente, dovrebbero essere gli strumenti amministrativi a disposizione.
Una città come Trento sviluppa ormai forme di governance atte a coinvolgere nelle scelte pubbliche le grandi categorie degli interessi, i gruppi sociali, le confederazioni sindacali. Dunque Trento oggi è chiamata a sviluppare il proprio agire secondo assi strategici del tutto originali rispetto a quelli di un piccolo comune. Diverse sono anche le necessità finanziarie e superiori le responsabilità.
Ritengo, dunque, che occorra ragionare sulla possibilità di pensare un nuovo modello di governo speciale, differenziando per quanto possibile gli strumenti e le responsabilità della città rispetto a quelle dei piccoli comuni. Sussidiarietà, in fondo, significa proprio questo.

Alessandro Andreatta
Sindaco reggente








sabato 25 aprile 2009

Qualcuno manca di contenuti…

Quando mancano le idee e la reale volontà di operare per la crescita di un territorio e della sua comunità non rimane altro che tentare di promuoversi con una serie di sterili esternazioni, per nulla all’altezza di un serio ed equilibrato confronto politico. A volte però viene meno anche il coraggio di manifestare apertamente la negatività del proprio pensiero e diventa più agevole appoggiarsi a quello altrui: è il caso del buon Ettore – nulla a che vedere con il difensore di Troia - che utilizza il lavoro di un altro Ettore, superando con naturalezza il fatto che quest'ultimo diriga una rivista dal pensiero diametralmente opposto al suo credo politico.
Non desidero entrare nel merito della pochezza del contenuto del blog di Zampiccoli se non per evidenziare come l’annunciato libro bianco sia improvvisamente diventato “nero” e non realizzato direttamente dalle forze politiche di opposizione, ma attraverso un avvilente invito alla delazione anonima.
Personalmente preferisco parlare della nostra idea di città. Eccola la nostra Trento: una città che garantisce a tutti opportunità e servizi di qualità a prescindere dal reddito. Una città solidale, che non emargina, non esclude, che lavora per la pace, che s’impegna per la convivenza. Una città che richiede a tutti il rispetto delle regole, che non tollera gli abusi. Una città che dichiara guerra alla povertà, ma non ai poveri. Una città che mette al primo posto le donne, i bambini, gli anziani, i giovani, i disabili e che dunque si impegna per un nuovo welfare, capace di rispondere alle esigenze delle famiglie e di coloro che hanno più bisogno. Perché nessuno, a Trento, si deve sentire solo.
Se penso alla Trento del futuro penso a una città che accelera, che nei prossimi anni deve portare a compimento i progetti già iniziati nell’ultimo decennio. Proiezione sul futuro, dunque, ma senza perdere l’attenzione al presente, alla quotidianità, alle piccole cose.
A livello urbanistico dovremo confrontarci seriamente - come in passato - con il tema del rapporto fra la città e il suo territorio. Le politiche relative al territorio si fondano su un presupposto non negoziabile: il territorio è una risorsa scarsa e non riproducibile. Per questo il criterio guida delle politiche urbanistiche dovrà essere sempre e necessariamente quello della qualità degli insediamenti, della coerenza con i modelli di sviluppo, dell’equilibrio territoriale, della sostenibilità e della convenienza (anche per saldare un relativo debito nei confronti dell’agricoltura che è giusto riconoscere) da impostare secondo logiche non emergenziali e il più possibile anticipatorie. Inoltre sarà nostro impegno definire la qualità architettonica urbana come valore di tutti, innescando un processo virtuoso di promozione della qualità nel comparto edilizio in generale.
Noi, a differenza di altri, abbiamo le idee chiare sul percorso da intraprendere come amministratori. Ma noi, a differenza di altri, siamo costretti a sentirci ingiustificatamente attaccati. Del resto, in mancanza di concrete idee per lo sviluppo e la crescita della nostra città, quella dell'attacco è l’unica arma a disposizione dei nostri avversari per sollevare un po’ di attenzione.
Oggi rispondo, ma lo faccio per ribadire concetti già espressi, per riaffermare la reale dimensione del percorso urbanistico affrontato nel corso della consiliatura appena conclusa. Lo faccio solo per rispetto all’operato, professionale e trasparente, che contraddistingue i nostri uffici comunali.

IL MURO CAVIT
E’ l’esempio di cosa significa amministrare una città. Da una parte c’è un’azienda che, per lavorare, ha bisogno di ampliare la propria sede e che chiede una deroga rispetto alle altezze in vigore nella zona. Dall’altra ci sono i cittadini, contrari all’ampliamento e alla deroga. Può darsi che inizialmente la Giunta e il consiglio comunale abbiano sottovalutato l’impatto dell’opera, ma poi abbiamo profuso tutto il nostro impegno per cercare una soluzione che andasse incontro alle esigenze delle due parti. Non ci siamo sottratti al confronto: io e l’allora sindaco Pacher siamo andati a parlare con la gente, abbiamo cercato di mediare. E alla fine il muro contestato si è abbassato di 6,80 metri (al colmo di 4,53 metri).

L'ALLEGATO 5
Il centrodestra mi rimprovera di aver arbitrariamente permesso la violazione dell’allegato 5 al prg. In 12 anni, dal 1994 al 2006, poche decine di edifici - su centinaia – sono stati costruiti in contrasto con l’allegato 5 e comunque violando solo altezze e lunghezze - talvolta per pochi centimetri -, mai le volumetrie. Alla base di questi errori c’è il fatto che i criteri contenuti nell’allegato 5 sono difformi sia da alcune prescrizioni contenute nel piano, sia da altre indicazioni contenute in un altro allegato, il 4.1. Per questo i criteri contenuti nell’allegato 5 sono stati considerati non vincolanti dagli uffici comunali. Insomma, come ha riconosciuto il difensore civico Donata Borgonovo Re, non c’è stato dolo: c’è stato solo un piano che conteneva alcune incongruenze.

LA COLLINA
L’ultima variante al prg sulla collina ha tagliato la bellezza di 500 mila metri cubi. Inoltre, da assessore all’urbanistica, ho ridotto le altezze (zone B3 a 10 metri) e ho stabilito la larghezza minima delle strade (3,5 o 4,5 metri a seconda delle cubature). Ricordo infine che era il 1967 (io avevo 10 anni) quando il Pup stabilì che la città si doveva espandere in collina, era il 1968 quando il prg recepì questa indicazione senza purtroppo prevedere una viabilità adeguata. Il nuovo prg del 1989 confermò ancora questa tendenza, creando zone di espansione a Villamontagna, Borino, Martignano, Gazzadina, Montevaccino…

AUTO IN
In questa vicenda – sulla quale al tempo la Commissione urbanistica e il Consiglio comunale si sono confrontati numerose volte - credo che mi si possa rimproverare solo una cosa: l’eccesso di disponibilità. Non bisogna dimenticare che questa storia ha avuto inizio con un episodio drammatico: l’incendio che nel dicembre 2003 ha interessato l’Ecogrips, azienda vicina ad Auto In. Dopo quell’episodio è nata l’esigenza di trovare una nuova sede per l’azienda e per i suoi lavoratori. Il mio impegno nell’aiutare l’azienda è stato corretto e alla luce del sole, come del resto riconosciuto da ben due sentenze della magistratura. Ricordo in particolare che il Tar ha anche condannato i ricorrenti a pagare le spese processuali.

giovedì 23 aprile 2009

Alle segreterie confederali di Cgil, Cisl e Uil del Trentino

Innanzitutto vi ringrazio per il contributo che, con il vostro documento, avete dato alla campagna elettorale. Le cinque priorità che voi sottoponete all’attenzione dei candidati mettono al centro dell’attenzione alcuni temi cruciali per il futuro di Trento, temi che purtroppo il dibattito pubblico di questi giorni ha toccato solo in modo marginale. Devo dire che tra i vostri spunti e il programma della coalizione che io rappresento c’è piena consonanza: pur nell’evidente differenza dei ruoli e dei compiti, mi pare che lavoriamo per lo stesso obiettivo, che poi è quella di costruire una città capace di offrire qualità della vita e opportunità al maggior numero di persone possibile.

1) Un Comune di grado di decidere
Come forse già saprete, anch’io ho proposto di modificare il regolamento d’aula in modo da limitare il ricorso indiscriminato all’ostruzionismo. Questo perché ritengo che, se le minoranze hanno tutto il diritto di manifestare il proprio disaccordo, la maggioranza ha il dovere di decidere. Il dovere, prima ancora che il diritto, perché programmare e scegliere è il modo migliore per onorare l’impegno che ci siamo assunti con gli elettori. Anche il vostro suggerimento di ridurre il numero di sedute del consiglio comunale trova piena consonanza nel programma della nostra coalizione. In questo modo riusciremo a realizzare immediatamente un risparmio di svariate decine di migliaia di euro.

2) Un accordo con le parti sociali su progetti, tempi, rendicontazione
Come voi avete avuto già modo di sperimentare, il confronto con le parti sociali è sempre stato il metodo di lavoro dell’Amministrazione di cui ho fatto parte per dieci anni. Se sarò eletto sindaco, intendo proseguire e anzi intensificare questo confronto, perché ritengo che quanto più le decisioni politiche nascono da un percorso partecipato, tanto maggiore è la possibilità di farle diventare operative in tempi brevi. Accolgo inoltre la vostra proposta di condividere non solo la programmazione, ma anche la rendicontazione del già fatto. Credo che questo impegno possa servire a tutti da stimolo a rispettare i tempi prefissati e a seguire con uguale attenzione tutte le fasi di un progetto, dall’inizio alla fine.

3) Piano Casa
Il piano per l’edilizia residenziale pubblica dovrà essere tra i primi impegni della nostra Amministrazione comunale. Intendiamo individuare nuove aree sia per le abitazioni a canone sociale sia per quelle a canone calmierato. Dovrà trattarsi di piccoli insediamenti la cui costruzione sarà subordinata alla presenza di tutti i servizi fondamentali. Inoltre, a nostro avviso, occorre anche aiutare chi vuole acquistare casa favorendo le cooperative e stringendo un patto con gli istituti di credito per promuovere mutui competitivi ed equilibrati sia per quanto riguarda il tasso che per quanto riguarda le rate mensili.

4) Politica tariffaria
Come voi ben sapete, Trento è il Comune italiano con la più bassa pressione tributaria. Da almeno due anni, inoltre, tutte le tariffe sono state aggiornate solo all’indice Istat, mentre quelle dei nidi sono state sensibilmente ridotte. E’ chiaro che, vista la crisi economica in atto, l’Amministrazione comunale deve raddoppiare gli sforzi in due direzioni. La prima è quella della semplificazione: siamo convinti che tutte le agevolazioni sulle tariffe, abbonamenti ai trasporti pubblici, mense etc debbano essere legate a un unico indicatore di reddito. Va dunque superata la presenza del doppio indicatore Isee e Icef che aumenta gli adempimenti e dunque la confusione. Sempre in tema di semplificazione, intendiamo adottare criteri più snelli per l’assegnazione del “sussidio di minimo vitale” che, attualmente, è subordinato all’intervento dell’assistente sociale. In secondo luogo, tra le misure anticrisi allo studio c’è l’asilo nido gratuito per le famiglie che si trovano in difficoltà per problemi contingenti, come il licenziamento o la cassa integrazione. Valuteremo la vostra proposta di estendere o comunque di non vincolare a soglie di reddito troppo restrittive la tariffa agevolata sui rifiuti. Una decisione in tal senso, come sapete, dovrà comunque essere sottoposta all’approvazione del consiglio comunale.
Nel nostro programma c’è anche la “family card”, uno strumento destinato alle famiglie del ceto medio che dà la possibilità di ottenere sconti sulle tariffe degli impianti sportivi, nelle farmacie comunali e in tutti i supermercati e negozi che aderiscono all’iniziativa.

5) Politiche di sviluppo e del territorio
La sostenibilità e l’innovazione saranno la cifra caratteristica delle politiche di sviluppo del Comune di Trento, sia per quanto riguarda la mobilità (vedi il progetto metrò), sia per quanto riguarda le reti wireless (vedi il progetto Wilma, che entro l’anno coprirà anche i parchi pubblici), sia per quanto riguarda l’edilizia. A proposito di questo ultimo settore, con il regolamento per l’edilizia sostenibile abbiamo preferito privilegiare la strada degli incentivi piuttosto di quella dei vincoli, da voi proposta. I risultati sono stati comunque incoraggianti perché, in circa un anno e mezzo, più o meno la metà delle concessioni edilizie rilasciate per interventi importanti sono state all’insegna della sostenibilità. C’è da aggiungere che nel nostro regolamento edilizio alcune pratiche virtuose siano diventate opportunamente vincolanti: da circa un anno, per esempio, c’è l’obbligo per chi costruisce un edificio nuovo di produrre una quota di energia con fonti rinnovabili (solare, fotovoltaico, eolico, biomasse…). Inoltre il regolamento edilizio, recependo un ordine del giorno del consiglio comunale, ha introdotto l’obbligo di prevedere, nelle nuove costruzioni, spazi per bimbi, spazi verdi, per le biciclette e la raccolta differenziata.

lunedì 20 aprile 2009

LA PERLA/1. Solidità patrimoniale e tributi al minimo: altro che debiti…

Quasi mi dispiace di dover correggere nuovamente il candidato Pino Morandini. Mi dispiace perché preferirei parlare con lui dei problemi veri della città, invece che rispondergli su questioni fasulle, che lui agita solo per alzare polveroni. L’ultima sparata della serie riguarda l’indebitamento del Comune: 119 milioni di euro, che Morandini prova a spacciare come spreco e sperpero di patrimonio pubblico. Morandini, che col passare dei giorni dimostra di non avere la minima idea di cosa significhi amministrare un Comune, forse non sa che quei soldi sono serviti a finanziare asili nido, scuole, marciapiedi, biblioteche, centri civici e insomma quella qualità della vita di cui i trentini sono giustamente orgogliosi.
Caro Morandini, sarà bene chiarire subito le cose con un esempio: accuseresti di spreco una giovane coppia che contrae un mutuo per acquistare una casa? Tu, forse, del mutuo non hai avuto bisogno, ma sappi che la stragrande maggioranza delle famiglie riesce ad avere un’abitazione di proprietà proprio grazie ai prestiti delle banche. Ed è proprio questo che ha fatto il Comune, senza naturalmente abusare delle proprie disponibilità, come ci hanno riconosciuto sia le agenzie di rating (AA+ è l’ultimo voto in pagella) sia la severissima fondazione Civicum. Quest’ultima non solo ha attribuito al Comune di Trento l’oscar nazionale per la trasparenza dei bilanci, ma proprio all’inizio di quest’anno ci ha riconosciuto una solidità patrimoniale nettamente al di sopra della media italiana. Non voglio addentrarmi in particolari tecnici, ma credo che un dato meriti di essere citato: per Trento il rapporto tra debiti da finanziamento e mezzi propri è di 0,18, contro una media italiana di 0,32 (ma nel 2008 miglioriamo ancora: ci attestiamo infatti allo 0,16). E ancora: siamo sotto la media anche per quanto riguarda l’indebitamento pro capite e siamo tra i Comuni che spendono meno per la cosiddetta “autoamministrazione”, ovvero per il funzionamento della macchina comunale. Però abbiamo anche un primo posto in classifica: a Trento c’è la pressione tributaria più bassa d’Italia. Cosa significa questo? Mettendo insieme tutti gli indicatori, risulta evidente che siamo riusciti a tenere i conti in perfetto ordine senza chiedere soldi ai cittadini e senza, per questo, tagliare i servizi. Altro che debiti: quelli dell’Amministrazione comunale sono investimenti per il futuro della città.
Che dire? Forse è meglio documentarsi, prima di parlare…

mercoledì 15 aprile 2009

L’impianto di Vedelago e la pietra filosofale

A Trento, in questa vigilia elettorale, si parla dell’impianto per il trattamento dei rifiuti di Vedelago come se si trattasse della pietra filosofale. In tanti lo vogliono, in tanti lo esaltano, in tanti lo considerano la soluzione a tutti i nostri mali. Ma, proprio come la pietra filosofale, l’impianto non è in grado di garantire quei risultati che i suoi cantori vanno magnificando. Sono io il primo a dirlo: magari bastasse adottare anche a Trento il sistema trevigiano per eliminare le tonnellate di rifiuti che - tolta la plastica, la carta, i metalli, l’organico etc – sono oggi destinati a finire in discarica. Purtroppo non è così e vi spiego subito il perché.
Forse non tutti sanno che l’Amministrazione comunale a Vedelago ci è già stata. L’impianto è stato visto, valutato dai nostri ingegneri per i suoi pregi e per i suoi difetti. Alla fine ci siamo dovuti arrendere di fronte all’evidenza: Vedelago oggi tratta gli imballaggi (quelli che noi già ricicliamo) non il residuo, che infatti, dopo essere stato lavorato da un altro impianto a Spresiano, viene inviato a svariati inceneritori al di fuori della provincia di Treviso. Sì, dirà qualcuno, ma rimane poca roba. Poca roba? Rimangono decine di migliaia di tonnellate di cdr (combustibile da rifiuto).
Noi abbiamo fatto una scelta diversa. Abbiamo deciso di essere responsabili. Di smaltirceli tutti noi i nostri rifiuti, dall’inizio alla fine, perché riteniamo che solo gestendo tutto il ciclo possiamo essere veramente virtuosi. Virtuosi al supermercato, quando si acquista, virtuosi in casa, quando si tratta di differenziare, virtuosi nella raccolta, che deve consentire di riciclare tutto il riciclabile. Virtuosi, infine, nel sistema di trattamento del residuo, che dovrà utilizzare la migliore tecnologia possibile, quella a minor impatto ambientale, quella più sostenibile, quella più sicura. E’ questo il senso dell’aggiornamento del piano rifiuti: non quello, come sostiene qualcuno, di sostituire la discarica con un termovalorizzatore, ma di rivedere tutto il ciclo, in modo da ottimizzarne ogni fase.
Il problema, ancora una volta, è quello di saper distinguere tra chi vuole risolvere i problemi e chi li rinvia o li sposta. Li rinvia alla prossima Amministrazione o alle future generazioni, li sposta semplicemente delegando ad altre province o ad altre regioni l’incombenza di occuparsi dei nostri rifiuti. Ma è chiaro che non è questa la nostra politica.

P.s. Per dare modo a tutti di valutare sulla base dei dati e delle informazioni fornite dagli stessi gestori degli impianti trevigiani, allego qui sotto una scheda tecnica.


SCHEDA TECNICA

VEDELAGO NON TRATTA IL RESIDUO
Serve un altro impianto per 84 mila tonnellate di rifiuti


1) In provincia di Treviso operano, per il trattamento dei rifiuti, due diversi impianti: quello di Vedelago e quello di Spresiano.
2) A Vedelago non si tratta il rifiuto residuo bensì imballaggi (quelli che da noi finiscono nelle campane blu) e altri rifiuti industriali. Tutto, quindi, già pre-differenziato.
3) Il residuo prodotto in provincia di Treviso viene trattato a Spresiano e, al termine del processo, viene destinato agli inceneritori (come chiarito sul sito www.consorziopriula.it/impianti_spresiano.php che, tra le altre cose, riporta: “Presso l'impianto di trattamento arriva il rifiuto secco non riciclabile di tutta la provincia di Treviso per un totale di circa 84.000 tonnellate all'anno. Il rifiuto che entra viene triturato, deferizzato e vagliato. Si produce così il combustibile da rifiuto (C.d.R.) che verrà inviato agli inceneritori per essere bruciato. Dal calore generato durante la combustione del C.d.R. si ricava energia.”
4) In provincia di Treviso non sono presenti inceneritori, quindi il rifiuto residuo viene trasformato in combustibile da rifiuto e trasportato in altre zone d’Italia, con grandi costi di trasporto e traffico di mezzi pesanti.
5) Vedelago tratta ottimamente i materiali plastici, con un procedimento che potrebbe migliorare quello che viene già attuato a Lavis, massimizzando il recupero di materia. L’ipotesi va però valutata con grande attenzione: per ottenere la “materia prima seconda” che si realizza a Vedelago è necessario che in ingresso vi siano anche scarti industriali di gomma e plastica. Nella zona di Treviso sono presenti molti calzaturifici che producono lo scarto necessario. Per Trento si potrebbe giungere al paradosso di dover importare i materiali necessari all’arricchimento del rifiuto!
6) A Vedelago, in passato, è stato fatto un esperimento alimentando l’impianto con 150 tonnellate di rifiuto residuo (quello conferito dai cittadini come non riciclabile). Ebbene, per ottenere la materia prima seconda è stato necessario miscelare tali rifiuti con altro materiale plastico.

Chi ha interesse a diffondere il sistema di riciclaggio adottato a Vedelago sta puntando sui territori in cui è prevista la creazione di inceneritori.
Molto della strategia comunicativa si gioca sull’ambiguità della parola “residuo”. In pratica, viene evidenziato come Vedelago produca pochissimo residuo. Ma si parla sempre del residuo avanzato dal trattamento degli imballaggi, non del rifiuto residuo prodotto in provincia di Treviso che, come visto, viene invece trattato a Spresiano.
E’ commercialmente efficace evidenziare come in provincia di Treviso non ci siano inceneritori. Treviso non ha inceneritori perché i suoi rifiuti residui vengono esportati e bruciati altrove.




venerdì 10 aprile 2009

Sicurezza in città: un problema complesso che si risolve con azioni concertate

L’improvvisata chiassata organizzata dalla Lega Nord ieri pomeriggio in Piazza Dante impone alcune riflessioni. Capisco che il clima pre-elettorale possa portare a gesti di questo tipo ma è fondamentale chiarire che la questione della sicurezza non va affrontata in modo superficiale e semplicistico. La domanda giusta è, secondo me, come aiutare la nostra comunità ad affrontare il cambiamento sociale – conseguenza inevitabile anche della globalizzazione e dei conseguenti grandi flussi migratori? Le cause della criminalità sono multifattoriali, in questo tutti gli esperti concordano. Dobbiamo lavorare per costruire un’idea di città che sappia guardare al futuro e non chiudersi nella salvaguardia di un passato che non c’è più. Dobbiamo uscire dalla logica dell’intervento di emergenza. Le ordinanze dei sindaci – usate a spot in altri comuni italiani – non danno che una breve, effimera senzazione di sicurezza. Ma NON risolvono i problemi.
Seppur importante, l’intervento in Piazza Dante – chiesto, deciso e concordato a gennaio in seno al Comitato per la sicurezza e l’ordine pubblico – è solo una delle misure che compongono il percorso di questa amministrazione nel garantire la sicurezza dei propri cittadini. Il tema è troppo serio per ridurlo a semplicistiche strumentalizzazioni elettorali.
La sicurezza di una città è il frutto di una serie di azioni concertate che intervengono sul disagio e al contempo operano in coordinamento con le forze dell’ordine. La sicurezza non è solo una questione di ordine pubblico ma di prevenzione, perché c’è devianza dove c’è disagio. Diventa fondamentale quindi il lavoro di rete che viene compiuto da molti nostri servizi comunali, ma anche dalle cooperative e da numerose realtà che operano nel volontariato. Per quanto riguarda l’Amministrazione ricordo – a titolo di esempio – i poli sociali pensati appositamente per decentrare sul territorio l’intervento di aiuto, i dormitori invernali, le unità di strada e gli educatori de “I panchinari”, la collaborazione con la Caritro (microcredito), con gli avvocati per la solidarietà ed infine con la Lila per il problema della prostituzione.
Questo sul lato del sociale. Ma c’è poi un lavoro di prevenzione al crimine che trova nel Comitato per l’ordine e la sicurezza il luogo di coordinamento nel rispetto dei differenti ruoli istituzionali. A questo si aggiunge il ruolo del nostro corpo di polizia municipale con tutta una serie di interventi: dal vigile di quartiere alla sorveglianza in borghese durante i mercati, dai controlli in biblioteca e nei parchi al numero verde di con te contro i piccoli reati che aiuta il cittadino che ne è rimasto vittima.
Le telecamere di piazza Dante sono state decise per intervenire in una zona della città che presentava una situazione di disagio e che richiedeva una risposta rapida. E così è stato. Ma non è l’unica. Il parco di Piazza Dante è un bellissimo giardino ed è vicino al centro storico. Vogliamo rivitalizzarlo appieno ed in questo un ruolo fondamentale lo avranno anche i due edifici che lo delimitano sul lato est. Mi riferisco alla palazzina Liberty - che andrà ad ospitare la sezione giovanile della Biblioteca - e all’edificio ex-Apt per il quale l’Amministrazione ha deciso di optare per una ristrutturazione minima in modo da restituire quanto prima l’edificio alla socialità cittadina. Penso infine alla dimensione ludica dell’area con nuovi giochi per i bambini e a elementi di arredo che rendano il parco ancora più bello e fruibile.
Naturalmente la videosorveglianza del parco non risolve da sola il problema della sicurezza in centro città. Una problematica tra le più complesse nella gestione di un capoluogo. Governare una città non significa piantare bandierine (verdi?) sulla cartina di un parco ma rimboccarsi le maniche e operare in modo organico per risolvere i problemi che – lo ho imparato in questi anni da vicesindaco e in questi mesi da sindaco reggente – non sono mai né semplici né univoci.

giovedì 2 aprile 2009

Gli sprechi immaginari

Serve molta immaginazione per attribuire imprecisati sprechi a una giunta che ha limitato al minimo le consulenze (nel 2008 ammontano a 130 mila euro, 250 mila in meno rispetto all’anno precedente) e che ha bloccato il turn over riducendo il personale comunale di un centinaio di unità. E ci vuole una buona dose di fantasia anche a dare del cementificatore a chi, in veste di assessore all’urbanistica, ha eliminato con la variante della collina la bellezza di 500 mila metri cubi. Se io mi merito questo titolo, come definiremo chi sta lavorando a un provvedimento che, da Sondrio a Ragusa, consentirà di ampliare del 20 per cento le abitazioni anche in deroga agli strumenti urbanistici?
Non ho mai pensato che la campagna elettorale sia uno scambio di cortesi convenevoli. E’ normale, qualche volta, alzare la voce, ma non per dire cose che deformano la realtà e che fanno torto sia all’intelligenza dei cittadini sia all’impegno di chi, in questi anni, ha lavorato negli uffici comunali con dedizione e professionalità. Accetto ben volentieri le critiche, ma solo se circostanziate, solo se non servono ad alzare un polverone che, mi pare, nasconde un preoccupante vuoto d’idee. A meno che non si voglia definire “idea” la proposta di una commissione per eliminare gli sprechi. Ma come, un’altra commissione, magari con i relativi gettoni di presenza? Mi pare un paradosso, mi pare che siamo proprio fuori strada.
A beneficio dei nostri avversari, sarà forse bene chiarire un paio di cose. Visto il progressivo contrarsi delle risorse, sono anni che noi amministratori, che tutti i dipendenti si impegnano per far economia, razionalizzare la spesa, risparmiare dove si può. E per migliorare ancora non serve una commissione, basta anche il senso civico dei cittadini, sempre attenti e solerti nel segnalare quel che non va e quel che potrebbe essere fatto meglio.
Io credo che in questo periodo così difficile, con la cassa integrazione che in Trentino cresce del 135 per cento, abbiamo l’obbligo morale di occuparci dei problemi dei cittadini. Se continuiamo a riempire la campagna elettorale di slogan e accuse fuori bersaglio, finiremo per rimbalzarci tra di noi discorsi che non interessano a nessuno. Ma io non ho alcuna intenzione di partecipare a questo gioco.